Viviamo in un mondo complesso e interconnesso: quando un equilibrio viene spostato, anche se di poco, tutto si deve in qualche modo riassestare. L’epidemia del coronavirus ci ha spiegato questo concetto in modo netto venendoci a bussare alla porta: dobbiamo trovare una via che porti ad una forma di equilibrio tra uomo e natura e ad un trade-off delle necessità di entrambi. Dobbiamo trovare una strada per uscire dall’approccio prettamente antropocentrico dei nostri modelli sociali ed economici ed accogliere punti di vista che ci aiutino a comprendere la complessità e le interconnessioni che, nella contingenza, legano l’uomo alla realtà dell’ambiente che lo circonda. La fragilità degli ecosistemi naturali e degli ecosistemi umani è evidente nelle criticità territoriali che saltano agli occhi ad ogni variazione del clima o del meteo. Le dinamiche di reazione a queste forme di fragilità e di vulnerabilità, quindi, sono di grande importanza e di forte urgenza. La vulnerabilità dell’ecosistema coinvolge l’uomo e la vulnerabilità dell’uomo finisce con il modificare gli ecosistemi: questo tema e queste relazioni devono entrare nelle politiche pubbliche in una chiave di cura reciproca e rispetto. Ma come? Quali relazioni devono esistere o essere costruite tra ecosistemi, comunità e politiche? Quale nuovo patto tra l’uomo e l’ambiente potrà supportare opportunità di sviluppo che facilitino il rispetto delle dinamiche naturali e delle urgenze umane?